Skip to main content
Category

Status_Quo

Intervista al Ministro Gilberto Pichetto Fratin per Status_Quo

By News, Status_Quo, Sustainability Policy

Il numero di settembre 2023 di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista al Ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Abbiamo posto al Ministro alcune domande su sicurezza energetica, rigassificatori, Regolamento imballaggi UE, cambiamenti climatici e politiche per l’ambiente.

Leggi e scarica Status_Quo di settembre 2023

Le sfide relative ai cambiamenti climatici e alla transizioni energetica ed ecologica, con le loro implicazioni economiche e sociali, sono tra le più ardue che l’Italia e l’Europa si trovano ad affrontare.

La complessa situazione geopolitica dello scacchiere globale rappresenta una minaccia concreta alla sicurezza energetica del continente.
In egual misura, i cambiamenti climatici in atto ormai anche nel Mediterraneo impongono l’attuazione di strategie mirate ad arginarne gli effetti, potenzialmente disastrosi.

Le politiche pubbliche, sia a livello nazionale che comunitario, sono tuttavia chiamate a coniugare la necessaria riduzione dell’impatto dell’attività umana sull’ambiente con la sostenibilità economica, sociale e occupazionale degli obblighi e degli obiettivi prescritti in sede europea.

Abbiamo avuto il piacere di porre alcuni quesiti, su questi e altri temi di assoluta rilevanza, al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, protagonista di primissimo piano su molti dei dossier più complessi all’attenzione del Governo Meloni.

Ministro Pichetto Fratin, il Ministero da lei guidato ha assunto una denominazione che in qualche modo preannuncia una visione politica e che è straordinariamente coerente col contesto geopolitico che viviamo. Quali sono i pilastri della sicurezza energetica nella sua personale opinione?

La decisione del Presidente Giorgia Meloni di mettere insieme l’Ambiente e la Sicurezza Energetica è stata lungimirante.
Fino alla formazione di questo Governo erano state viste come due competenze contrapposte, invece sono due facce della stessa medaglia: non si possono ottenere risultati nel settore della salvaguardia dell’ambiente senza una coerente e parallela politica di sicurezza energetica.

Un Paese è sicuro quando riesce a garantire alle famiglie e alle imprese di poter vivere e lavorare contando su tutte le fonti energetiche necessarie in modo continuo, senza interruzioni e a un prezzo sostenibile.
È quello che il mio ministero, insieme a tutto il Governo, ha programmato e realizzato nell’ultimo anno.

Possiamo approcciarci al prossimo inverno con sicurezza?

Il contesto geopolitico internazionale ci spinge a essere prudenti, ma già a fine agosto abbiamo superato il 90% della capacità di riempimento dei nostri stoccaggi di gas, con due mesi di vantaggio rispetto allo scorso inverno.
In un anno siamo passati dall’importare il 40% del nostro gas dalla Russia a una fornitura media che non supera il 5% e che immediatamente rigiriamo ad altri paesi europei.

Abbiamo implementato il TAP e stabilito nuovi accordi con Libia e Tunisia.
Lo scorso dicembre l’Italia è stata tra gli Stati protagonisti per raggiungere un accordo europeo e sottoscrivere il price cap: questo ci ha consentito di tenere sotto controllo la speculazione internazionale che aveva portato i prezzi, la scorsa estate, a superare i 350 euro al metro cubo. Negli ultimi mesi invece, mediamente, si sono attestati intorno ai 30 euro.

Si può fare a meno dei rigassificatori?

Assolutamente no. Ci consentono di non dipendere dai vari Paesi che ci forniscono il gas via “tubo”, quindi di operare sul mercato internazionale e acquistare gas da diversi fornitori, al miglior prezzo.
Abbiamo voluto con forza i rigassificatori di Piombino, che è già in funzione, e quello di Ravenna, che sarà operativo nel 2024. Ogni rigassificatore garantirà al Paese 5 miliardi di metri cubi di gas.

Li ho spesso definiti rete di garanzia della nostra sicurezza energetica, ragione per cui abbiamo previsto nella stesura del nuovo PNIEC, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, la possibilità di realizzare nuovi impianti di rigassificazione.

Il gas quindi elemento indispensabile per l’Italia?

Non solo per l’Italia. Il gas sarà l’ultimo combustibile fossile a essere eliminato in vista del 2050, anno in cui ci siamo impegnati a raggiungere la neutralità carbonica e climatica. Abbiamo già iniziato col carbone, continueremo col petrolio sino ad arrivare al gas.

Nel frattempo c’è il grande settore delle energie rinnovabili, che stiamo incentivando e che prevediamo di moltiplicare nei prossimi anni.
L’Italia investe moltissimo sul fotovoltaico come sull’eolico, sul geotermico come sull’idrogeno e sul biometano.

Entro il 2030 i due terzi della nostra energia elettrica saranno prodotti grazie alle fonti rinnovabili, ribaltando la proporzione che abbiamo ereditato che vede a oggi solo un terzo dell’energia elettrica prodotta da fonti green.

La Commissione Europea è in procinto di intervenire pesantemente, peraltro con lo strumento del Regolamento che non ammette recepimenti tarati sulle specificità nazionali, sull’industria degli imballaggi. L’Italia tuttavia è da tempo leader europeo nel riciclo della plastica. Cosa sta facendo il Governo italiano in merito?

L’Italia ha contestato la proposta di regolamento nel metodo – regolamento e non direttiva – e nel merito, perché penalizza il sistema di riciclo della plastica in cui l’Italia è leader in Europa.
Cosa prescriveva, ad esempio, la proposta di regolamento UE sugli imballaggi? Il divieto di imbustamento delle verdure sotto il chilo e mezzo. Cioè metteva di fatto fuori legge tutte le confezioni che troviamo sul banco del supermercato e obbligherebbe gli europei a comprare verdure sfuse, più difficili da conservare, o confezioni molto più grandi, difficili da consumare in tempo.

E così, per evitare di riciclare la plastica delle confezioni rischiamo di sprecare ancora più cibo, che per la sua produzione impatta sull’ambiente, come sappiamo.
Per fortuna questa impostazione è stata già in parte emendata.

La Commissione per l’industria, la ricerca e la scienza (ITRE), la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) e la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI), hanno approvato emendamenti che modificano, in alcune parti radicalmente, il testo proposto dalla Commissione europea.

Fra le parti modificate c’è proprio l’eliminazione del divieto degli imballaggi monouso per gli alimentari al di sotto del chilo e 500 grammi.
La nostra linea è stata, insomma, recepita e condivisa da un cartello politico trasversale nel segno della ragionevolezza.

Il prossimo passaggio sarà in Commissione ambiente.
L’Italia non accetterà che venga penalizzata una sua eccellenza in nome di una visione ideologica e che favorisce modelli adottati da altri Paesi.

Gli effetti del cambiamento climatico sembrano ormai innegabili. Ci dovremo abituare anche in Europa e in Italia?

I fenomeni atmosferici estremi sono ormai abituali anche alle nostre latitudini, soprattutto nell’area del Mediterraneo, un mare che sta soffrendo in modo particolare gli effetti dell’aumento medio delle temperature.
Non ragioniamo infatti più in termini di “se” succederà ancora, ma quando e dove accadranno nuovi episodi atmosferici violenti e dannosi.
Come l’ambiente è l’altra faccia della medaglia rispetto al clima, le piogge improvvise e violente lo sono rispetto alla siccità prolungata.
Questo è il motivo per cui il Governo ha deciso di affrontare il tema della crisi idrica, per la prima volta, a livello centrale e coordinato.
Abbiamo istituito una cabina di regia dei diversi ministeri interessati e nominato un commissario unico per l’emergenza idrica.

Quali politiche intende attuare il suo Ministero?

Il compito del MASE, in modo particolare, è quello di prevedere una serie di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Per questo, lo scorso dicembre il Ministero dell’Ambiente ha aggiornato il PNACC, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Si tratta di uno strumento di programmazione essenziale per un Paese come il nostro, segnato da una grave fragilità idrogeologica.
La finalità del Piano è appunto quella di contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici e aumentarne la resilienza.

Cosa possono fare le comunità, le imprese, i cittadini?

Dobbiamo tornare a prenderci cura del nostro territorio, anche quello che è stato “abbandonato” negli ultimi decenni per ragioni legate allo spopolamento. Fortunatamente, l’Italia dispone di una delle migliori reti di protezione civile del mondo: è la ragione per cui siamo riusciti a contenere le conseguenze, comunque gravissime ma che potevano essere ancor più pesanti, di un evento estremo come l’alluvione dell’Emilia Romagna dello scorso maggio.
È anche necessario lavorare di più sulla prevenzione e sull’informazione ai cittadini, far capire che le disposizioni di allerta diramate dalle Istituzioni territoriali e nazionali sono sempre da osservare con attenzione.
Serve poi capire che la cura del territorio si ottiene anche, se non soprattutto, realizzando le opere necessarie, quelle piccole come quelle grandi.
Il problema non sono i finanziamenti, che spesso vengono sprecati, ma i tempi e la certezza della realizzazione delle opere.
Questo è uno dei punti centrali del processo che abbiamo avviato di sburocratizzazione del Paese.

Arriveremo ad avere le auto Euro 7?

Le case automobilistiche stanno correndo velocemente verso le auto elettriche, è quello il futuro. La nostra convinzione, però, è che non si possono trascurare tutte le alternative possibili all’elettrico, anche solo in attesa dell’elettrico stesso: soluzioni che la ricerca sta già mettendo a nostra disposizione.
Mi riferisco all’idrogeno, soprattutto per il trasporto pesante, come ai biocarburanti, per la produzione dei quali l’Italia è leader a livello mondiale.
È una delle ragioni per cui in Europa, con il sostegno pieno del G7 prima e del G20 dopo, l’Italia ha chiesto che si possano continuare ad immatricolare motori endotermici anche dopo il 2035.
Proprio per questo, noi siamo contrari a norme che consideriamo demagogiche, ad alzare l’asticella portandola sempre più lontano dalla realtà.
In Italia abbiamo circa 4 milioni di Euro 1 e 2. Riuscire a sostituirne una buona parta con Euro 6 avrebbe già un significato enorme sul fronte ambientale, se pensiamo che un Euro 2 inquina 28 volte un Euro 6.

Vendita online e delivery dei farmaci: intervista a Eleonora Mazzoni di I-Com

By Healthcare policy, News, Status_Quo

Il numero inaugurale di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista a Eleonora Mazzoni, Direttore Area Salute dell’ Istituto per la Competitività (I-Com), sul tema della vendita online e del delivery dei farmaci.

Leggi e scarica Status_Quo di giugno 2023

La vendita di farmaci online in Italia è regolamentata dall’art. 112-quater del D.lgs. n. 219/2006 – così come modificato dal D.lgs. n. 17/2014, che ha recepito la Direttiva 2011/62/UE – e dalle circolari emanate dal Ministero della Salute a gennaio e maggio del 2016, che disciplinano la procedura di richiesta di autorizzazione e le modalità di vendita su internet.

La vendita online è possibile solo per i farmaci senza obbligo di prescrizione, cosiddetti SOP, che comprendono i farmaci da banco, anche detti OTC (Over The Counter), che sono medicinali da automedicazione e che come tali vengono indicati solitamente per disturbi di lieve entità. Sono usati per un breve periodo di tempo e per essi non è necessario l’intervento del medico. Un bollino sulla loro confezione li rende facilmente riconoscibili.

Il decreto legge del 2014, e successivamente le circolari del Ministero della Salute, vieterebbero di per sé la vendita dei medicinali, anche senza obbligo di ricetta, tramite app o siti intermediari. La legislazione esistente quindi vieta la vendita online dei farmaci, ma non la consegna a domicilio, anche denominata “last mile delivery”. Il provider in questione, quindi, consegna il prodotto da un venditore autorizzato al consumatore senza assumerne il ruolo di venditore. L’elemento che fa la differenza è il meccanismo di delega: l’utente deve delegare la piattaforma utilizzata all’acquisto del farmaco per suo conto.

Di questo abbiamo parlato con Eleonora Mazzoni, Direttore Area Salute dell’Istituto per la Competitività (I-Com), che ha dettagliatamente analizzato la questione nel maggio 2023 nel policy brief elaborato in collaborazione con Maria Vittoria di Sangro.

Quali sono le sfide normative legate alla vendita online e alla delivery dei farmaci?

La vendita online è regolamentata da un decreto legislativo che disciplina la procedura di richiesta di autorizzazione e le modalità di vendita su internet. Ad oggi, possono essere venduti online solamente i SOP, i farmaci senza obbligo di prescrizione, e gli OTC, i farmaci da banco, presenti in un elenco stilato dall’ Aifa. Si possono inoltre acquistare su internet prodotti parafarmaceutici e omeopatici, a meno che il produttore non abbia precisato che il medicinale può essere venduto solo dietro presentazione di ricetta medica. È invece vietata la vendita online dei farmaci che necessitano di ricetta medica.

In questo caso, quindi, la sfida è più relativa al riconoscimento da parte del Ministero della Salute dei punti autorizzati alla vendita (anche offline) di questi prodotti.

La vendita di medicinali e prodotti farmaceutici mediante e-commerce è, in ogni caso, consentita solo ad alcune categorie di soggetti autorizzati alla vendita di medicinali mediante i canali offline. Si tratta di farmacie, parafarmacie e dei corner salute presenti in alcuni esercizi della grande distribuzione, che hanno ottenuto la licenza e l’autorizzazione alla vendita. In questo senso, seguendo l’esperienza di altri paesi, anche in Europa, le esigenze del mercato e la domanda potrebbero spingere ad allargare la platea di esercizi autorizzati alla vendita di farmaceutici, parafarmaceutici e omeopatici senza obbligo di prescrizione, in modo più capillare alla grande distribuzione.

La questione a cui porre più attenzione è quella del delivery. Se la normativa italiana vieta esplicitamente la vendita online di prodotti farmaceutici con obbligo di ricetta, e altrettanto la vendita online di prodotti senza obbligo di prescrizione da parte di esercizi non autorizzati dal Ministero della Salute (anche alla loro vendita tramite canali offline), essa non ne vieta la consegna, quella che viene comunemente chiamata “last mile delivery” del farmaco, attraverso l’utilizzo di piattaforme e di sistemi online.

Ciononostante, la normativa non è altrettanto chiara nel distinguere in maniera particolareggiata la definizione di “vendita online” da quella di “delivery”, e questo ha generato e può generare in capo agli operatori di mercato alcuni problemi. Nel non avere una chiara definizione a livello normativo è, infatti, più difficile seguire tutta una serie di regole che rendono evidente (al pubblico e al legislatore) la differenza dell’attività che stanno svolgendo (il delivery) dalla vendita online.

L’altra sfida ha carattere normativo ed è quella di aggiornare la regolamentazione rendendo il più chiaro possibile il confine all’interno del quale ci si può muovere. La chiarezza di tale normativa è sempre un beneficio sia per gli operatori di mercato che per gli altri stakeholders del sistema salute (farmacie, parafarmacie, cittadini etc.), a maggior ragione nel contesto attuale in cui gli investimenti della Missione 6 Salute del PNRR sono rivolti ad avvicinare la salute al cittadino, anche grazie all’uso del digitale come fattore abilitante.

In che modo il PNRR, prefiggendosi l’obiettivo di avvicinare la sanità al cittadino e al paziente, può contribuire allo sviluppo di un mercato dell’ home delivery?

In generale, tutta l’impostazione del PNRR, non solo nella Missione 6, punta sulla digitalizzazione del sistema Paese, a partire dalla Pubblica Amministrazione.

Nella Missione 6, l’investimento in digitale si pone soprattutto l’obiettivo di avvicinare la sanità al cittadino/paziente. Per l’assistenza territoriale, riformata in coerenza con il PNRR dal DM 77/2022, i grandi investimenti nel digitale sono fondamentalmente due: la creazione di una piattaforma nazionale per i servizi di telemedicina e le COT (centrali operative territoriali). Anche se a livello finanziario l’investimento sembra essere un po’ basso in relazione al resto del Piano, quello che ci si auspica è che questi strumenti vengano resi interoperabili anche con il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e con i sistemi di raccolta dati e monitoraggio grazie al rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica del Ministero della Salute.

Inevitabilmente, la forte spinta della digitalizzazione anche nell’accesso alle cure si porta dietro una verosimile accelerazione dell’home delivery e della vendita online.

Secondo il vostro studio quali sono gli strumenti più idonei a favorire l’innovazione nell’accesso ai farmaci?

A mio avviso, l’innovazione nell’accesso ai farmaci ha di fronte delle sfide più importanti che sono più regolatorie e di accesso.

Il nostro bilancio pubblico è limitato e questo impone delle riflessioni rispetto alla sostenibilità della spesa sanitaria e farmaceutica di fronte alle grandi innovazione che sono arrivate e che arriveranno in futuro. Sarà probabilmente necessario ripensare i modelli di valutazione.

Lo sviluppo digitale, però, può veramente fare la differenza perché l’ innovazione nell’accesso ai farmaci significa anche garantire un accesso più rapido ed equo ad alcuni prodotti, servizi e prestazioni, compreso il farmaco.

Tutti i punti della catena di erogazione di prestazioni e servizi da parte del SSN in cui il digitale può intervenire per migliorare il processo sono sistemi innovativi di accesso alle cure: dalla prenotazione delle visite online alla consegna dei farmaci, passando dalla possibilità di monitorare i parametri biomedici e l’aderenza terapeutica.

Distribuzione dei farmaci e supply chain: intervista a Mila De Iure di Assoram

By Healthcare policy, News, Status_Quo

Il numero inaugurale di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista a Mila De Iure, Direttrice generale di Assoram, sul tema della distribuzione dei farmaci.

Leggi e scarica Status_Quo di giugno 2023

ASSORAM è l’associazione nazionale che rappresenta oltre 100 aziende della distribuzione e dei servizi nel settore healthcare dei prodotti farmaceutici, parafarmaceutici, cosmetici e dei dispositivi medici e sanitari, ed è quindi il riferimento nazionale in tema di distribuzione. Anche su questo si confronteranno Istituzioni e filiera health alla 58° Assemblea di ASSORAM “Distribuire salute: la logistica che abbatte le barriere”, che si terrà il 21 giugno 2023 presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale in Piazza di Monte Citorio a Roma. A tal proposito, abbiamo posto alcune domande alla Direttrice generale Mila de Iure.

Dottoressa De Iure, nella passata legislatura era stata avviata un’indagine conoscitiva sulla distribuzione dei farmaci che poi si è interrotta come la legislatura stessa. Quali temi sono rimasti in sospeso?

L’iniziativa parlamentare della scorsa legislatura partì dal presupposto che, a fronte del risparmio derivante dalla minore spesa per l’acquisto dei farmaci, le strutture pubbliche sostenessero notevoli costi sommersi che, sostanzialmente, annullerebbero il presunto risparmio. L’Indagine ha voluto approfondire i processi della «distribuzione diretta» e della «distribuzione per conto» del farmaco, verificando l’efficacia, l’efficienza e l’economicità di tali processi. Dalle audizioni ascoltate alla Camera furono diverse le criticità segnalate, tra cui le variabili regionali derivanti da accordi tra le regioni e le farmacie, che sono caratterizzati da diverse scelte organizzative e di gestione che influenzano anche i costi del servizio distributivo e le remunerazioni agli attori della filiera.

Emersa nella prima fase della pandemia per i differenti obblighi di comportamento tra le regioni, la disomogeneità normativa e amministrativa nell’ambito della sanità regionale era una complessità ben nota ai distributori dei prodotti della salute. Questi operatori si ritrovano a viaggiare tutti i giorni lungo i confini geografici e regolatori dei venti Sistemi Sanitari esistenti al fine di garantire il rifornimento continuo e sicuro di prodotti essenziali per soddisfare il benessere della società. Relativamente al comparto che ASSORAM rappresenta, le divergenze amministrative impattano sull’operatività delle aziende, aggravando i processi non solo in termini temporali ma anche di costo. Quindi, le differenze operative e amministrative esistenti tra le Regioni nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale e in alcuni casi delle regole dell’health supply chain italiana rispetto al resto d’Europa sono certamente criticità da affrontare con tempestività. Le aziende del nostro comparto hanno necessità di liberare risorse per investire in qualità, senza eccessivi appesantimenti burocratici e normativi oltre quelli necessari alla totale sicurezza di prodotti e processi. La nostra qualità non può subire interruzioni dalla produzione alla dispensazione, visto che abbiamo a che fare con la salute del cittadino paziente.

Quali sono le sfide o le novità del settore rappresentato da ASSORAM?

Come soprammenzionato, le differenze operative e amministrative esistenti tra le Regioni nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale rappresentano una vera e propria sfida del nostro settore, ma certamente non l’unica. Gli ultimi venti anni hanno visto una lenta ma progressiva trasformazione della filiera, ad esempio abbiamo assistito a una costante digitalizzazione e a un progressivo impegno da parte delle istituzioni europee nell’armonizzazione delle direttive degli Stati membri in tema ESG, a cui ha dato nuovo impulso anche l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Nonostante la forte pressione a cui è stata sottoposta, la nostra filiera ha reagito bene, garantendo la consegna regolare di farmaci, dispositivi medici e di tutti i prodotti necessari ai canali farmacia e ospedaliero. Tutto ciò è stato possibile a fronte di cospicui investimenti sul fronte della sicurezza, automazione e digitalizzazione dei processi. Tuttavia l’integrazione delle tecnologie di Supply Chain Management all’interno dei processi aziendali è fine a sé stessa se non mira anche alla condivisione del dato con gli altri attori della catena della distribuzione, necessaria in un comparto come quello health dove le aziende sono legate da una fitta rete di connessioni e relazioni commerciali con un elevato numero di fornitori. Una filiera collaborativa è l’unica ricetta che tuteli i singoli anelli della catena e il paziente.

Di pari passo con l’impegno profuso nella digitalizzazione delle imprese, le istituzioni europee hanno compiuto numerosi sforzi regolatori per uniformare la normativa di settore dei singoli Stati membri. Si tratta di un processo in continua evoluzione, che vede l’Italia scontare alcuni ritardi: basti pensare al certificato GDP – Good Distribution Practice, la patente di qualità del distributore condivisa a livello EMA, a cui le aziende italiane si sono già conformate nonostante l’Italia da 10 anni non abbia ancora formalmente recepito la Direttiva. Anche il processo di serializzazione dei farmaci, rinviato per l’Italia al 2025 per via dell’evoluto sistema nazionale di tracciabilità, evidenzia una eccessiva lentezza nelle attività di elaborazione del sistema nazionale che dovrà dialogare con l’Hub europeo a cui è connessa la quasi totalità degli altri Stati membri già dal 2019.

Eventuali novità relative all’ultimo miglio, all’atto della dispensazione, come impatterebbero sul settore rappresentato?

Stando ai dati del Report Mediobanca sulle farmacie (2022), a livello europeo l’e-commerce farmaceutico è stimato in 20 miliardi di euro, con attese di crescita al 2027 pari al 18% medio annuo.

Secondo il report, nel nostro Paese il numero di esercizi autorizzati alla vendita online di medicinali non prescription è cresciuto dal 2016 a ritmi del 36,5% medio annuo e anche il giro d’affari, attestato nel 2021 a 437 milioni, risulta in crescita del 14,1% sui 383 milioni del 2020 che a loro volta segnavano un incremento di oltre il 66% dai 230 milioni del 2019. Tra il 2021 e il 2019 la crescita è stata quindi del 90%.

Questo trend positivo registrato nell’utilizzo del mercato online e della home delivery quale modalità di consegna comporta un progressivo aumento del traffico merci, che ha un impatto importante in termini di emissioni di CO2. ASSORAM, nell’ambito del suo impegno sul fronte ESG, sta approfondendo anche il tema del peso ambientale del trasporto di questi volumi. Per raggiungere la Net Zero Carbon Emission occorrerebbe gestire al meglio i flussi logistici ricorrendo alle tecnologie più innovative che consentano anche la programmazione di percorsi di consegna più sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale e investire nella e-mobility. L’impiego di veicoli green anche per l’ultimo miglio può significare maggiore efficienza, ottimizzazione dei costi e migliore gestione degli spostamenti.

Dobbiamo quindi prendere atto che gli investimenti nella digitalizzazione e transizione green saranno sempre più necessari per far fronte alle sfide globali. In tal senso, ASSORAM osserva, informa e lavora costantemente sulle criticità di un comparto, quello distributivo e del trasporto, sempre più strategico da cui transita la quasi totalità dei prodotti del canale farmacia, parafarmacia, ospedaliero e home delivery.

Cuiprodest al Mobility Forum 2023: il racconto del dibattito

By News, Status_Quo, Sustainability Policy

Nel numero inaugurale di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, abbiamo raccontato il panel “Energy management & Sustainability” del Forum Mobilità 2023 di Comunicazione Italiana, moderato dal nostro managing partner Giuseppe Volpe.

Leggi e scarica Status_Quo di giugno 2023

Quale sarà tra cinque, dieci e quindici anni il combustibile delle nostre auto? Si potrà ancora parlare di combustibili in senso stretto? Come la transizione energetica già in atto rivoluzionerà la mobilità e ridisegnerà i profili delle nostre città? Quali cambiamenti dovremmo apportare alla nostra rete elettrica affinché possa garantire la sostenibilità economica e strutturale del passaggio dal motore termico a quello elettrico?

Da professionisti del lobbying, siamo quotidianamente posti di fronte alla complessità sottesa a ogni fenomeno della società e ai tentativi del legislatore di regolamentarne gli aspetti più disparati. Per tali ragioni, siamo convinti che per trovare risposte esaustive e plausibili a quesiti così complessi e dirimenti per il futuro dei molti settori coinvolti occorra interpellare e creare spazi di dibattito tra gli addetti ai lavori – unici attori realmente in grado di districarsi nella complessità e comunicarla in termini comprensibili a qualsiasi platea.

È questo il genere di approccio che Cuiprodest ha rinvenuto nel modello del Mobility Forum di Comunicazione Italiana, tenutosi a Roma lo scorso 11 maggio e suddiviso in panel tematici volti proprio a raccogliere e porre a confronto le letture esperte dei protagonisti industriali delle aree prese in considerazione.

In un contesto così tecnico, il nostro Managing partner Giuseppe Volpe ha avuto il piacere di condurre il proficuo dibattito del panel “Energy Management & Sustainability”, a cui hanno partecipato, in ordine rigorosamente alfabetico:

  • Giovanni Moratti, Chief of Energy Transition Saras
  • Giuseppe Rebuzzini, CEO MET Energia Italia
  • Lorenzo Serra, Amministratore Unico Waga Energy Italia
  • Matteo Sipione, Founder & CEO Luminos
  • Federico Vitali, Founder FAAM / Vice Presidente FIB spa – SERI Industrial

Di grande lungimiranza l’intervento di Giovanni Moratti, volto a rimarcare la centralità del processo di decarbonizzazione, che rappresenta la condizione imprescindibile alla base di una transizione energetica autentica, altresì resa futile da una rete elettrica a elevate emissioni di carbonio.

Con la parola a Federico Vitali, fondatore dell’unica azienda italiana produttrice di batterie a litio, si è introdotto il tema di grande rilevanza geopolitica del superamento del monopolio asiatico nelle tecnologie di accumulo energetico e del ruolo campale delle gigafactory.

A seguire, Giuseppe Rebuzzini ha ricordato come la transizione energetica possa giungere a compimento solo a patto che la politica, a livello tanto nazionale quanto europeo, indichi obiettivi non solo chiari, ma anzitutto realistici nel loro raggiungimento.

Nel suo intervento, Lorenzo Serra ha ricordato il ruolo – troppo spesso sottostimato – del biometano nel processo di decarbonizzazione necessario al compimento della transizione energetica e delle tecnologie con cui è possibile ricavarne ingenti quantità dalle discariche di rifiuti.

A chiudere il panel, Matteo Sipione ha illustrato gli scenari che i servizi di sharing di auto, scooter e monopattini elettrici possono aprire nel futuro prossimo delle nostre città, in relazione alla mobilità urbana e alle politiche pubbliche con cui il legislatore europeo può agevolare e velocizzare il processo in questione.

Un dialogo aperto, scevro di dogmatismi e approcci nocivamente ideologici, da cui traspare – come spesso accade nei dibattiti animati da un autentico desiderio di confronto – l’assenza di bacchette magiche con cui si pretende troppo spesso di indicare soluzioni apparenti e semplicistiche a fenomeni di elevata complessità. È, questo, un metodo che Cuiprodest da sempre condivide e adotta, fondamento – ne siamo certi – di una lunga e proficua collaborazione con Comunicazione Italiana.

Greenwashing: un pericolo per imprese, consumatori e ambiente. Intervista a Libero Cantarella

By News, Status_Quo, Sustainability Policy

Il numero inaugurale di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista a Libero Cantarella, Presidente di IPPR (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo), sul tema del greenwashing – fenomeno sempre più diffuso e dannoso per imprese, consumatori e, soprattutto, per l’ambiente.

Leggi e scarica Status_Quo di giugno 2023

Un rilevante caso di studio in tema di greenwashing è quello che riguarda la plastica, spesso oggetto di ingiustificati attacchi e critiche, ma che risulta essere uno dei materiali più importanti in tutti i settori – dall’automotive all’agricoltura, dalla sanità all’edilizia. Il livello di attenzione su questo materiale – anche in ambito di comunicazione pubblica – è lievitato negli ultimi anni e, a tal proposito, abbiamo chiesto a Libero Cantarella, Presidente di IPPR (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo), alcune delucidazioni sul rischio di greenwashing nel settore delle materie plastiche. IPPR nasce nel 2004 per volontà di Unionplast, Plasticseurope e Corepla con l’obiettivo di favorire l’incontro tra domanda e offerta nell’ambito delle plastiche da riciclo.

Presidente Cantarella, sui prodotti di uso quotidiano troviamo spesso dichiarazioni quali “bottiglia con 100% di plastica riciclata” oppure “imballaggio con 50% di plastica riciclata”: quanto può il consumatore oggi fidarsi di asserzioni di questo tipo? E qual è il ruolo di IPPR a riguardo?

Vorrei dire che trovo intollerabili le asserzioni con cui si sostiene che l’imballaggio sia stato realizzato “con l’x% in meno di plastica”, che in sé appare un assunto positivo, mentre nella maggior parte dei casi vuol dire semplicemente che la plastica è stata sostituita da un altro materiale, senza che siano fornite indicazioni in merito a una reale sostenibilità del prodotto, che quindi viene millantata. I brand owner hanno molte responsabilità, cedendo a una comunicazione irrazionale e irresponsabile nel tentativo di dare risposte a generiche richieste di sostenibilità da parte dei consumatori.

Si colpisce, dunque, ciò che nell’immaginario collettivo rappresenta un pericolo e la plastica è il candidato ideale per questo tipo di comunicazione. Se il consumatore non vuole plastica, la si sostituisce a qualunque costo, anche a costo dell’insostenibilità!

Per rispondere più precisamente alla domanda, per quanto riguarda le asserzioni sull’utilizzo di plastica riciclata, certamente l’accresciuta attenzione dei consumatori verso un’economia non più lineare ha portato alla crescita del mercato delle materie prime seconde. IPPR infatti può testimoniare che nella sua ultraventennale attività associativa con il marchio “Plastica Seconda Vita” ha portato alla certificazione ben 8000 prodotti che incorporano plastiche provenienti dal ciclo dei rifiuti. Un risultato importantissimo che solo alcuni anni fa era impensabile. Il mercato, certamente, pullula di attori spregiudicati, quindi bisogna saper riconoscere le etichette attendibili, come appunto “Plastica Seconda Vita”, soprattutto perché IPPR ha scelto da diversi anni di far accreditare da Accredia il disciplinare collegato alla certificazione dei prodotti, creando una garanzia di serietà sul mercato.

“Quanto è importante l’analisi dell’intero ciclo di vita di un prodotto per la comparazione, per esempio, con altri tipi di materiali – penso alla carta o al vetro in sostituzione della plastica?”

La valutazione del ciclo di vita dei prodotti attraverso gli strumenti offerti dagli LCA -Life Cycle Assessment- è quanto di meglio si possa usare fra gli strumenti scientifici per la valutazione degli impatti ambientali dei prodotti, per l’appunto lungo tutto il ciclo di vita.

Tuttavia, come in molti casi, questi strumenti sono seri e affidabili solo in determinate condizioni, quando sono comunicati avendo ottenuto una certificazione di parte terza accreditata, altrimenti il rischio di greenwashing non solo è dietro l’angolo, ma è quasi una certezza. Altro punto dolente è l’utilizzo parziale degli strumenti offerti da questi studi, nel senso che la parte committente, che ovviamente ha interesse a comunicare un certo tipo di dato, normalmente comunica solo quello più vantaggioso, per esempio la sola CO2, ma la valutazione del ciclo di vita di un prodotto porta a esaminare ben 16 differenti tipi di impatto ambientale e a mio avviso la partita si gioca schierando tutti i giocatori.

Si tratta di strumenti ad alto contenuto scientifico e ingegneristico e occorre una preparazione specifica non solo per portarli a termine ma anche per interpretarli. Quindi, per quanto rappresentino uno strumento fondamentale, purtroppo gli studi LCA sono incomprensibili ai più e per questo la comunicazione si semplifica su messaggi elementari che hanno senso più per il consumatore che per la reale sostenibilità.

Qual è, secondo la sua esperienza, un comportamento virtuoso che può attuare il consumatore per tutelare l’ambiente?

Comprare ciò di cui ha veramente bisogno, avere consapevolezza di quanto le proprie azioni e interazioni possano condizionare la collettività, tornare a insegnare la buona educazione in famiglia. Basterebbe questo ma, per ottenere il massimo anche in ambito di raccolta differenziata, sarebbe dirimente riabilitare i programmi di educazione civica ambientale nelle scuole, al fine di trasmettere le pratiche e i messaggi corretti sin da una giovane età.

Intervista al Presidente di Federfarma Marco Cossolo per Status_Quo di giugno 2023

By Healthcare policy, News, Status_Quo

Il numero inaugurale di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista a Marco Cossolo, Presidente di Federfarma, sul ruolo delle farmacie e dei farmacisti durante la pandemia e sull’evoluzione della professione determinata dall’implementazione della “Farmacia dei servizi” e dalla consegna a domicilio dei farmaci.

Leggi e scarica Status_Quo di giugno 2023

La pandemia Covid-19 ha rappresentato un durissimo banco di prova per il nostro Sistema Sanitario Nazionale, evidenziandone luci ed ombre.

Seppure in una situazione del tutto straordinaria, qualche elemento di riflessione è emerso e con esso qualche cambiamento è stato apportato in particolare nella gestione e nell’erogazione dei servizi ai cittadini.

La difficoltà a muoversi, la condizione relativa alla distanza da mantenere, l’impossibilità a frequentare con facilità ospedali, studi medici e altri luoghi come le farmacie hanno fatto in modo che l’innovazione diventasse protagonista nel settore della sanità. L’innovazione unita alla digitalizzazione hanno consentito lo sviluppo di servizi come la dematerializzazione delle ricette, l’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, un primissimo utilizzo dei sistemi di telemedicina e la possibilità di ricorrere a servizi di consegna a domicilio dei farmaci.

Il Presidente di Federfarma, Marco Cossolo, ci ha aiutato a comprendere più nello specifico come il Covid-19 abbia realmente cambiato non solo le nostre abitudini ma anche le modalità di erogazione di alcuni servizi.

Durante la fase pandemica le farmacie hanno avuto un ruolo chiave nel fronteggiare il virus, anche offrendo servizi e prestazioni nuove rispetto alla propria storia (si pensi ai tamponi o alla somministrazione dei vaccini): conclusa la fase emergenziale, cosa resta dell’esperienza vissuta?

La pandemia ha mostrato in modo tangibile come siano cambiate le priorità da perseguire in tema di salute e come oggi sia imprescindibile essere al passo con le esigenze della società, lanciando nuove sfide sul tema della salute.

Sono convinto che alla base di questa tendenza ci sia la volontà, da parte del cittadino, di coltivare e mantenere una relazione diretta con il farmacista, anche e soprattutto in ragione del rapporto umano e di fiducia che spesso si instaura. Come testimoniato dall’esperienza pandemica, il farmacista rappresenta un importante punto di riferimento per la popolazione grazie alla sua capacità di accogliere, ascoltare e orientare il cittadino verso le soluzioni più adatte alle sue esigenze. Pensiamo ad esempio all’attività di farmacovigilanza e di monitoraggio dell’aderenza alla terapia che segue l’erogazione di un medicinale, o ai consigli sul corretto utilizzo del farmaco dispensato. Questi sono servizi molto importanti per contrastare fenomeni come l’antimicrobico resistenza o la banalizzazione del farmaco, sempre più diffusi a livello nazionale e globale.

All’interno di questo processo evolutivo, le farmacie hanno svolto e svolgono tuttora un ruolo chiave: durante l’emergenza sanitaria hanno accelerato il processo di attuazione della “Farmacia dei Servizi”, introdotta nell’ordinamento nazionale nel 2009 ma che solo negli ultimi anni ha trovato ampia e più capillare diffusione. L’esperienza pandemica è stata infatti l’occasione per le farmacie di somministrare test antigenici rapidi per lo screening del Covid-19 – ricordo che i 2/3 dei test complessivamente somministrati sono stati effettuati in farmacia – e vaccini. Di fronte alle barriere di isolamento dei presidi medici e ospedalieri, i cittadini hanno potuto trovare proprio nelle farmacie un luogo sanitario dove ricevere informazioni, consigli e assistenza. Queste attività hanno evidenziato il ruolo delle farmacie come anello di congiunzione tra i cittadini e il SSN – ruolo che si sta rafforzando ulteriormente grazie al rapido sviluppo dei servizi di telemedicina: sono oltre 8000 le farmacie che erogano prestazioni come spirometria, Holter ed ECG e in alcune regioni sono stati avviati anche servizi di teleconsulto e televisita. È anche a questo che ci riferiamo quando identifichiamo la nuova farmacia con il primo presidio sanitario di prossimità territoriale, capillare e insostituibile.

La pandemia ha creato nuovi stili di vita incrementando notevolmente la quantità e la varietà di beni che vengono ordinati a domicilio. Qual è il punto di vista di Federfarma sulla consegna di farmaci a domicilio?

La consegna dei farmaci a domicilio è un servizio complementare che le farmacie italiane offrono già da prima della pandemia. Ogni giorno circa 150 cittadini soli, impossibilitati a recarsi in farmacia, per disabilità o gravi malattie, si rivolgono al numero verde nazionale gestito da Federfarma per la consegna gratuita a domicilio dei medicinali di cui hanno bisogno. Durante il Covid, la necessità di recapitare i farmaci direttamente nelle case è aumentata esponenzialmente, e nel periodo del primo lockdown tra marzo e maggio 2020 siamo arrivati a circa 60mila chiamate a settimana.

Per far fronte a questi bisogni, Federfarma ha siglato un accordo con la Croce Rossa Italiana, rimasto in vigore fino al 31 dicembre 2022, per la consegna a domicilio anche ai pazienti Covid. Inoltre, il servizio di consegna dei farmaci a domicilio è stato implementato recentemente per far fronte alla crisi seguita alla drammatica alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna. Un ulteriore segnale della stretta connessione tra le farmacie italiane e il territorio.

Ricetta elettronica, vendita a distanza di farmaci, consegna a domicilio: c’è il timore di indebolire il rapporto classico tra farmacista e cittadino?

Non credo che il legame tra farmacista e cittadino possa vivere un momento di crisi da qui al prossimo futuro. La vendita dei farmaci online è un servizio che non ha fatto molta presa sui cittadini, perché le persone preferiscono ancora venire fisicamente in farmacia o, quando sono impossibilitate, rivolgersi ai farmacisti per la consegna dei medicinali a domicilio.

Intervista al Sottosegretario Marcello Gemmato per Status_Quo di giugno 2023

By Healthcare policy, News, Status_Quo

Il numero inaugurale di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista all’On. Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, sui temi del Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026, della sanità animale e della riforma dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

Leggi e scarica Status_Quo di giugno 2023

Orazio Schillaci, Rettore dell’Università Tor Vergata dal 2019, è docente ordinario di medicina nucleare, è stato Preside della facoltà di medicina e chirurgia della stessa ed è Ministro della Salute dallo scorso ottobre: una guida più “tecnica” che politica che sicuramente influisce sulle linee programmatiche del Ministero.

Trovandoci all’inizio di una Legislatura che riporta alla guida del Paese un Governo con una fortissima connotazione politica, abbiamo voluto rivolgere alcune domande al Sottosegretario alla Salute On. Marcello Gemmato, già farmacista e Responsabile sanità di Fratelli d’Italia, il partito che esprime la guida del Governo, che è oggi alla sua seconda Legislatura dopo aver lavorato negli anni passati in Commissione Affari sociali alla Camera.

Sottosegretario Gemmato, qual è la sua opinione rispetto al Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026?
Il nuovo Piano 2023-2026 è uno strumento importantissimo per gli oltre 2 milioni di persone con malattie rare perché non solo fissa gli obiettivi – i medesimi della Legge 175/2021 – ma ha il compito di dettare tutte le azioni da intraprendere da qui ai prossimi tre anni: dalla prevenzione primaria e secondaria alla diagnosi, dai trattamenti farmacologici ai percorsi assistenziali, dalla sorveglianza alla ricerca, dalla formazione del personale all’informazione ai cittadini. Il Piano però non è certamente un punto di arrivo bensì di partenza: ora lavoreremo insieme ai clinici, alle associazioni di pazienti e alla comunità scientifica per mettere a terra le azioni previste.

Tra le sue deleghe, c’è quella alla sanità animale, quali sono le priorità del Governo su questo argomento?
In tema di sanità animale le sfide e gli aspetti su cui puntare sono diversi e l’attenzione del Ministero della Salute è sempre ai massimi livelli. Sappiamo ormai, nell’ottica del One health, quanto la salute animale, ambientale e quella umana corrano su binari paralleli e meritino azioni sinergiche.

Il tema della sanità animale ha peraltro implicazioni anche sulla sicurezza alimentare, che pure è una delega che mi è stata attribuita. A questo proposito, nei primi mesi del mio mandato da Sottosegretario alla Salute, abbiamo affrontato – durante un incontro con le parti interessate – le verosimili problematiche connesse all’esportazione di carni italiane e dei relativi prodotti verso i Paesi terzi. E’ stato un primo momento di confronto molto utile, durante il quale gli addetti ai lavori hanno portato all’attenzione politica le tematiche più urgenti su cui lavorare insieme, per rilanciare e incrementare come merita il mercato dell’eccellenza agroalimentare italiana verso l’estero, con particolare riferimento al settore delle carni, che vanta elevati standard di qualità e sicurezza, riconosciuti in tutto il mondo.
Negli ultimi giorni, poi, ho convocato al Ministero della Salute un incontro con lo scopo di evidenziare quanto ancora resta da fare per gestire alcuni casi locali relativi alla diffusione dell’epidemia di brucellosi e delineare azioni condivise con gli allevatori e le parti interessate. Monitoriamo inoltre la situazione relativa alla diffusione della peste suina africana, in costante dialogo con le altre istituzioni coinvolte per applicare tutte le misure necessarie alla progressiva eradicazione e prevenzione della malattia.

A un mese dalla circolazione delle prime bozze della riforma dell’AIFA, qual è lo stato della riforma?
L’Agenzia italiana del farmaco gioca un ruolo cruciale per il sistema salute del nostro Paese, e di fronte all’innovazione e ai progressi della ricerca era arrivato il momento di rivederne i suoi meccanismi, attraverso una riforma che rendesse l’Agenzia regolatoria nazionale più moderna e vicina alle esigenze dei cittadini, in grado di trasferire i risultati scientifici in accesso ai trattamenti in modo efficace e sostenibile. A vent’anni dalla costituzione dell’Aifa e dopo anni di discussioni e rinvii da parte di precedenti legislature, finalmente la riforma viene resa possibile grazie al Governo Meloni, la cui autorevolezza e stabilità rappresenta la migliore garanzia per l’intero sistema. Ricordiamo che l’AIFA racchiude in un solo ente tutte le funzioni legate alla gestione del farmaco, dalla sperimentazione clinica alla negoziazione del medicinale una volta approvato. Il ridisegno dell’Agenzia rientra quindi in un progetto più ampio che vede tutta la governance del farmaco interessata da possibili cambiamenti, in primis per mantenere un comparto fondamentale del nostro Paese sempre attrattivo e per continuare a garantire cure e trattamenti a tutti i cittadini nel rispetto dei principi sanciti dall’articolo 32 della Costituzione.

Status_Quo – Giugno 2023

By Business diplomacy, Healthcare policy, Magazine, Status_Quo, Sustainability Policy

Nasce Status_Quo, il magazine bimestrale di Cuiprodest con focus e interviste ai protagonisti del mondo della politica e dell’impresa. Nel numero inaugurale di giugno 2023, interviste a: Marcello Gemmato (Ministero della Salute), Marco Cossolo (Federfarma), Mila De Iure (ASSORAM | Distribuzione Primaria Farma e Salute), Eleonora Mazzoni (I-Com, Istituto per la Competitività) e Libero Cantarella (IPPR – Plastica Seconda Vita). Focus su: riforma dell’AIFA, greenwashing, partecipazione di Cuiprodest al Mobility Forum 2023 di Comunicazione Italiana, piano Mattei del Governo Meloni e cronistoria del nuovo atlantismo italiano.