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La Plastic Tax è uno dei temi al centro del dibattito europeo da mesi. Un dibattito caratterizzato da elementi polemici spesso troppo ideologici, che poco hanno a che fare con le reali esigenze del sistema economico e del comparto produttivo. Per questa ragione, è necessario approfondire vari aspetti peculiari che caratterizzano la tassa in questione, per andare oltre le divisioni politiche e tentare di fare maggiore luce su un’imposta destinata a far discutere ancora. Ciò è necessario per trovare un compromesso costruttivo tra le esigenze dell’industria e della produttività e il processo di transizione ecologica ormai in atto.

 

L’EUROPA IN PRIMA LINEA CONTRO LA PLASTICA

Gli obiettivi della presente direttiva sono prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana, nonché promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo in tal modo al corretto funzionamento del mercato interno.

Questo è il testo dell’articolo 1 della direttiva n. 2019/904 che ha introdotto la Plastic Tax a livello europeo. La direttiva si applica ai prodotti di plastica monouso, elencati nell’allegato della stessa, dal quale si evince la grande varietà di prodotti in plastica interessati dalla nuova normativa. È interessante la definizione di plastica, introdotta dall’articolo 3 della direttiva, il quale fa riferimento all’articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006. Nello specifico si parla del materiale costituito da un polimero, ossia: “una sostanza le cui molecole sono caratterizzate dalla sequenza di uno o più tipi di unità monomeriche. Tali molecole devono essere distribuite su una gamma di pesi molecolari in cui le differenze di peso molecolare siano principalmente attribuibili a differenze nel numero di unità monomeriche”. Aldilà delle definizioni scientifiche da intenditori, quello che conta è che parliamo di un materiale cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che soprattutto può funzionare come componente strutturale principale dei prodotti finiti. Ovviamente, vanno esclusi i polimeri naturali, non modificati chimicamente.

Al secondo comma dell’art. 3 (Definizioni) della direttiva viene esplicitato il significato di “prodotto di plastica monouso”:

il prodotto fatto di plastica in tutto o in parte, non concepito, progettato o immesso sul mercato per compiere più spostamenti o rotazioni durante la sua vita essendo rinviato a un produttore per la ricarica o riutilizzato per lo stesso scopo per il quale è stato concepito.

L’articolo 4 della direttiva entra nel merito delle azioni e delle misure che gli Stati membri devono compiere per ridurre il consumo di plastica monouso. Misure che hanno l’obiettivo ambizioso di realizzare, entro il 2026, una riduzione numericamente quantificabile del consumo di prodotti in plastica. Entro la data del 3 luglio 2021, gli Stati dovranno preparare e far pervenire alla Commissione Europea una descrizione delle misure adottate e in seguito renderla pubblica.

Oltre alle misure generali volte alla riduzione del consumo, gli Stati membri possono attuare disposizioni che diano impulso all’utilizzo di plastica riutilizzabile, oppure strumenti economici orientati ad impedire che i prodotti in plastica monouso siano accessibili gratuitamente presso i punti vendita. Gli Stati possono addirittura imporre restrizioni di mercato, in deroga ai principi fondanti l’Unione e nello specifico in deroga all’articolo 18 della direttiva 94/62/CE, per evitare che i prodotti monouso vengano dispersi.

In conclusione “le misure possono variare in funzione dell’impatto ambientale di tali prodotti di plastica monouso durante il loro ciclo di vita, anche una volta che si trasformano in rifiuti abbandonati”. Gli Stati membri sono obbligati ad adottare le misure legislative del caso, per conformarsi alla direttiva, entro il 3 luglio 2021.

L’Unione Europea ha riconfermato in modo esplicito il suo impegno per la riduzione dell’utilizzo di plastica attraverso la decisione n. 2020/2053 (UE-Euratom) del Consiglio, che istituisce una nuova Plastic Tax, questa volta a carico degli Stati Membri. In particolare all’articolo 2, comma 1, lettera c della decisione si può leggere che vanno ad aggiungersi alle risorse proprie del bilancio UE le entrate derivanti dall’applicazione di un’aliquota uniforme di prelievo sul peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati generati in ciascuno Stato membro. L’aliquota uniforme di prelievo è pari a 0,80 EUR per chilogrammo.

Va precisato che alcuni Stati membri potranno usufruire di una riduzione forfettaria annua dell’imposta. In particolare per l’Italia questa ammonterà a circa 184 milioni di euro.

 

LA PLASTIC TAX ITALIANA

La legge di Bilancio 2020 ha introdotto per la prima volta in Italia una tassa sulla plastica. La legge, al comma 634 dell’articolo 1, ha introdotto la definizione di “manufatti con singolo impiego”(MACSI):

che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari; i MACSI, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica e non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.

Sono esclusi da tale specifica definizione i cosiddetti MACSI compostabili, ossia conformi agli standard della norma UNI EN 13432:2002. In particolare, un MACSI per essere considerato compostabile deve rispettare i requisiti di biodegradabilità e disintegrabilità in tempi brevi e di compatibilità con un processo di compostaggio. In sostanza deve essere un prodotto trasformabile in anidride carbonica, compost fertile o acqua e non deve rilasciare sostanze nocive che possano alterare il contenuto e la qualità del compost prodotto. Sono inoltre esclusi dall’imposta i dispositivi medici individuati dalla Commissione unica sui dispositivi medici e i MACSI destinati al contenimento e alla protezione dei preparati medicinali.

Il comma 635  aggiunge alcuni prodotti alla categoria dei MACSI:

Ai fini dell’applicazione dell’imposta di cui al comma 634, sono considerati MACSI anche i dispositivi, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle materie plastiche di cui al comma 634, che consentono la chiusura, la commercializzazione o la presentazione dei medesimi MACSI o dei manufatti costituiti interamente da materiali diversi dalle stesse materie plastiche. Sono altresì considerati MACSI i prodotti semilavorati, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle predette materie plastiche, impiegati nella produzione di MACSI.

L’importo della tassa è fissata a 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei MACSI e l’obbligazione sorge al momento della produzione, dell’importazione definitiva nel territorio nazionale ovvero dell’introduzione nel medesimo territorio da altri Paesi dell’Unione europea e diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo dei MACSI nel territorio nazionale.

I soggetti passivi di imposta sono il fabbricante (per i MACSI prodotti nel territorio nazionale), l’importatore (per i MACSI provenienti da Paesi terzi), l’acquirente (nel caso di MACSI acquistati nell’esercizio di attività economica) o il cedente (nel caso di MACSI acquistati da un consumatore privato). L’accertamento dell’imposta avviene attraverso la presentazione di una dichiarazione trimestrale all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la quale deve essere presentata entro la fine del mese successivo al trimestre solare cui la dichiarazione si riferisce. La normativa prevede anche un credito d’imposta, che corrisponde al 10% delle spese sostenute dai produttori di MACSI per adeguare la produzione agli standard EN 13432:2002 di cui si è parlato in precedenza.

La legge di Bilancio 2021 (Legge 30 dicembre 2020, n. 178) ha previsto alcune modifiche alla disciplina della Plastic Tax: su tutte, il rinvio dell’entrata in vigore dell’imposta dal 1 gennaio 2021 al 1 luglio 2021. Altre novità importanti riguardano l’aggiunta delle preforme nelle categorie interessate dall’imposta e, come soggetto passivo di imposta, di chi,  residente  o  non residente  nel  territorio  nazionale,  intende  vendere  MACSI, ottenuti per suo  conto  in  un  impianto  di  produzione,  ad  altri soggetti nazionali.

Vengono modificati anche i limiti minimi per il versamento dell’imposta: non si è tenuti infatti a versarla nel caso in cui l’importo dovuto a titolo di imposta sia inferiore o pari euro 25 e non 10 come nella prima versione. L’ultima legge di Bilancio va a modificare anche il regime sanzionatorio: in caso di mancato o ritardato pagamento, la sanzione va dal doppio al quintuplo dell’imposta dovuta (sempre sopra 250 euro), in caso di ritardo nella presentazione della dichiarazione trimestrale e per altre violazioni riguardanti l’imposta va applicata la sanzione amministrativa da 250 a 2.500 euro.

Altra novità di una certa importanza nella legge di Bilancio 2021 è la misura che dà impulso al riciclaggio del polietilentereftalato (PET), ossia del poliestere impiegato nell’ottenimento di bottiglie di plastica, contenitori per confezionare bibite e alimenti, prodotti per la cura della persona e altri prodotti destinati al consumo. A partire dal 1 gennaio di quest’anno, infatti, c’è la possibilità per i produttori di contenitori in PET di utilizzare materiale 100% riciclato, mentre prima era obbligatorio l’utilizzo di una parte di PET vergine.

 

PARLAMENTO ITALIANO: LE ULTIME SULLA PLASTICA

Il dibattito inerente la Plastic Tax ovviamente è presente da mesi anche nell’ambito politico-istituzionale italiano. In particolare, lo scorso 16 marzo si è svolta l’audizione del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, il quale ha risposto ad alcune domande dei parlamentari di Camera e Senato che fanno parte delle commissioni Ambiente e Industria e Attività produttive.

L’Onorevole Elena Lucchini della Lega ha dichiarato di essere contraria alla Plastic Tax, perché demonizza la plastica in modo sommario, ma di essere favorevole alla tassazione della plastica non riciclata (così come chiede l’Europa). Il problema della tassa sulla plastica, tra l’altro, va ad aggiungersi a quello del rincaro dei prezzi delle materie prime, che nel caso della plastica si attesta ad un preoccupante 50%.

Durante lo svolgimento dell’audizione anche altri parlamentari, Erica Mazzetti (FI) e Monica Ciaburro (FdI), hanno chiesto chiarimenti al ministro sulla questione della plastica. Il ministro ha risposto rapidamente alle sollecitazioni dei parlamentari, affermando che sta studiando il tema e che nel settore della plastica ci sono delle eccellenze dell’imprenditoria.

Ha anche specificato, però, che la Plastic Tax e il rincaro dei prezzi non sono temi da affiancare, in quanto ci sono differenze sostanziali. Ha inoltre affermato che sarà necessaria una riflessione tecnica e che il riciclo della plastica è complesso ma nel nostro Paese abbiamo le competenze per occuparci della tematica.

Ad ogni modo, la sensazione è che si parlerà ancora per molto di Plastic Tax, con probabilità alta di ulteriori rinvii. La speranza è che si riesca a trovare un accordo che crei un bilanciamento tra i vari interessi in gioco e l’esigenza di una riconversione razionale del sistema produttivo.

 

Riferimenti normativi:

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019L0904.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32006R1907R(01)&from=DE.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3Al21207.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32020D2053&from=EN.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/12/30/19G00165/sg.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/12/30/20G00202/sg.

Fonte immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Plastic_objects.jpg.