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Il numero di settembre 2023 di Status_Quo, il magazine di Cuiprodest sui temi chiave della politica e dell’impresa raccontati dai loro protagonisti, contiene un’intervista al Ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Abbiamo posto al Ministro alcune domande su sicurezza energetica, rigassificatori, Regolamento imballaggi UE, cambiamenti climatici e politiche per l’ambiente.

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Le sfide relative ai cambiamenti climatici e alla transizioni energetica ed ecologica, con le loro implicazioni economiche e sociali, sono tra le più ardue che l’Italia e l’Europa si trovano ad affrontare.

La complessa situazione geopolitica dello scacchiere globale rappresenta una minaccia concreta alla sicurezza energetica del continente.
In egual misura, i cambiamenti climatici in atto ormai anche nel Mediterraneo impongono l’attuazione di strategie mirate ad arginarne gli effetti, potenzialmente disastrosi.

Le politiche pubbliche, sia a livello nazionale che comunitario, sono tuttavia chiamate a coniugare la necessaria riduzione dell’impatto dell’attività umana sull’ambiente con la sostenibilità economica, sociale e occupazionale degli obblighi e degli obiettivi prescritti in sede europea.

Abbiamo avuto il piacere di porre alcuni quesiti, su questi e altri temi di assoluta rilevanza, al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, protagonista di primissimo piano su molti dei dossier più complessi all’attenzione del Governo Meloni.

Ministro Pichetto Fratin, il Ministero da lei guidato ha assunto una denominazione che in qualche modo preannuncia una visione politica e che è straordinariamente coerente col contesto geopolitico che viviamo. Quali sono i pilastri della sicurezza energetica nella sua personale opinione?

La decisione del Presidente Giorgia Meloni di mettere insieme l’Ambiente e la Sicurezza Energetica è stata lungimirante.
Fino alla formazione di questo Governo erano state viste come due competenze contrapposte, invece sono due facce della stessa medaglia: non si possono ottenere risultati nel settore della salvaguardia dell’ambiente senza una coerente e parallela politica di sicurezza energetica.

Un Paese è sicuro quando riesce a garantire alle famiglie e alle imprese di poter vivere e lavorare contando su tutte le fonti energetiche necessarie in modo continuo, senza interruzioni e a un prezzo sostenibile.
È quello che il mio ministero, insieme a tutto il Governo, ha programmato e realizzato nell’ultimo anno.

Possiamo approcciarci al prossimo inverno con sicurezza?

Il contesto geopolitico internazionale ci spinge a essere prudenti, ma già a fine agosto abbiamo superato il 90% della capacità di riempimento dei nostri stoccaggi di gas, con due mesi di vantaggio rispetto allo scorso inverno.
In un anno siamo passati dall’importare il 40% del nostro gas dalla Russia a una fornitura media che non supera il 5% e che immediatamente rigiriamo ad altri paesi europei.

Abbiamo implementato il TAP e stabilito nuovi accordi con Libia e Tunisia.
Lo scorso dicembre l’Italia è stata tra gli Stati protagonisti per raggiungere un accordo europeo e sottoscrivere il price cap: questo ci ha consentito di tenere sotto controllo la speculazione internazionale che aveva portato i prezzi, la scorsa estate, a superare i 350 euro al metro cubo. Negli ultimi mesi invece, mediamente, si sono attestati intorno ai 30 euro.

Si può fare a meno dei rigassificatori?

Assolutamente no. Ci consentono di non dipendere dai vari Paesi che ci forniscono il gas via “tubo”, quindi di operare sul mercato internazionale e acquistare gas da diversi fornitori, al miglior prezzo.
Abbiamo voluto con forza i rigassificatori di Piombino, che è già in funzione, e quello di Ravenna, che sarà operativo nel 2024. Ogni rigassificatore garantirà al Paese 5 miliardi di metri cubi di gas.

Li ho spesso definiti rete di garanzia della nostra sicurezza energetica, ragione per cui abbiamo previsto nella stesura del nuovo PNIEC, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, la possibilità di realizzare nuovi impianti di rigassificazione.

Il gas quindi elemento indispensabile per l’Italia?

Non solo per l’Italia. Il gas sarà l’ultimo combustibile fossile a essere eliminato in vista del 2050, anno in cui ci siamo impegnati a raggiungere la neutralità carbonica e climatica. Abbiamo già iniziato col carbone, continueremo col petrolio sino ad arrivare al gas.

Nel frattempo c’è il grande settore delle energie rinnovabili, che stiamo incentivando e che prevediamo di moltiplicare nei prossimi anni.
L’Italia investe moltissimo sul fotovoltaico come sull’eolico, sul geotermico come sull’idrogeno e sul biometano.

Entro il 2030 i due terzi della nostra energia elettrica saranno prodotti grazie alle fonti rinnovabili, ribaltando la proporzione che abbiamo ereditato che vede a oggi solo un terzo dell’energia elettrica prodotta da fonti green.

La Commissione Europea è in procinto di intervenire pesantemente, peraltro con lo strumento del Regolamento che non ammette recepimenti tarati sulle specificità nazionali, sull’industria degli imballaggi. L’Italia tuttavia è da tempo leader europeo nel riciclo della plastica. Cosa sta facendo il Governo italiano in merito?

L’Italia ha contestato la proposta di regolamento nel metodo – regolamento e non direttiva – e nel merito, perché penalizza il sistema di riciclo della plastica in cui l’Italia è leader in Europa.
Cosa prescriveva, ad esempio, la proposta di regolamento UE sugli imballaggi? Il divieto di imbustamento delle verdure sotto il chilo e mezzo. Cioè metteva di fatto fuori legge tutte le confezioni che troviamo sul banco del supermercato e obbligherebbe gli europei a comprare verdure sfuse, più difficili da conservare, o confezioni molto più grandi, difficili da consumare in tempo.

E così, per evitare di riciclare la plastica delle confezioni rischiamo di sprecare ancora più cibo, che per la sua produzione impatta sull’ambiente, come sappiamo.
Per fortuna questa impostazione è stata già in parte emendata.

La Commissione per l’industria, la ricerca e la scienza (ITRE), la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) e la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI), hanno approvato emendamenti che modificano, in alcune parti radicalmente, il testo proposto dalla Commissione europea.

Fra le parti modificate c’è proprio l’eliminazione del divieto degli imballaggi monouso per gli alimentari al di sotto del chilo e 500 grammi.
La nostra linea è stata, insomma, recepita e condivisa da un cartello politico trasversale nel segno della ragionevolezza.

Il prossimo passaggio sarà in Commissione ambiente.
L’Italia non accetterà che venga penalizzata una sua eccellenza in nome di una visione ideologica e che favorisce modelli adottati da altri Paesi.

Gli effetti del cambiamento climatico sembrano ormai innegabili. Ci dovremo abituare anche in Europa e in Italia?

I fenomeni atmosferici estremi sono ormai abituali anche alle nostre latitudini, soprattutto nell’area del Mediterraneo, un mare che sta soffrendo in modo particolare gli effetti dell’aumento medio delle temperature.
Non ragioniamo infatti più in termini di “se” succederà ancora, ma quando e dove accadranno nuovi episodi atmosferici violenti e dannosi.
Come l’ambiente è l’altra faccia della medaglia rispetto al clima, le piogge improvvise e violente lo sono rispetto alla siccità prolungata.
Questo è il motivo per cui il Governo ha deciso di affrontare il tema della crisi idrica, per la prima volta, a livello centrale e coordinato.
Abbiamo istituito una cabina di regia dei diversi ministeri interessati e nominato un commissario unico per l’emergenza idrica.

Quali politiche intende attuare il suo Ministero?

Il compito del MASE, in modo particolare, è quello di prevedere una serie di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Per questo, lo scorso dicembre il Ministero dell’Ambiente ha aggiornato il PNACC, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Si tratta di uno strumento di programmazione essenziale per un Paese come il nostro, segnato da una grave fragilità idrogeologica.
La finalità del Piano è appunto quella di contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici e aumentarne la resilienza.

Cosa possono fare le comunità, le imprese, i cittadini?

Dobbiamo tornare a prenderci cura del nostro territorio, anche quello che è stato “abbandonato” negli ultimi decenni per ragioni legate allo spopolamento. Fortunatamente, l’Italia dispone di una delle migliori reti di protezione civile del mondo: è la ragione per cui siamo riusciti a contenere le conseguenze, comunque gravissime ma che potevano essere ancor più pesanti, di un evento estremo come l’alluvione dell’Emilia Romagna dello scorso maggio.
È anche necessario lavorare di più sulla prevenzione e sull’informazione ai cittadini, far capire che le disposizioni di allerta diramate dalle Istituzioni territoriali e nazionali sono sempre da osservare con attenzione.
Serve poi capire che la cura del territorio si ottiene anche, se non soprattutto, realizzando le opere necessarie, quelle piccole come quelle grandi.
Il problema non sono i finanziamenti, che spesso vengono sprecati, ma i tempi e la certezza della realizzazione delle opere.
Questo è uno dei punti centrali del processo che abbiamo avviato di sburocratizzazione del Paese.

Arriveremo ad avere le auto Euro 7?

Le case automobilistiche stanno correndo velocemente verso le auto elettriche, è quello il futuro. La nostra convinzione, però, è che non si possono trascurare tutte le alternative possibili all’elettrico, anche solo in attesa dell’elettrico stesso: soluzioni che la ricerca sta già mettendo a nostra disposizione.
Mi riferisco all’idrogeno, soprattutto per il trasporto pesante, come ai biocarburanti, per la produzione dei quali l’Italia è leader a livello mondiale.
È una delle ragioni per cui in Europa, con il sostegno pieno del G7 prima e del G20 dopo, l’Italia ha chiesto che si possano continuare ad immatricolare motori endotermici anche dopo il 2035.
Proprio per questo, noi siamo contrari a norme che consideriamo demagogiche, ad alzare l’asticella portandola sempre più lontano dalla realtà.
In Italia abbiamo circa 4 milioni di Euro 1 e 2. Riuscire a sostituirne una buona parta con Euro 6 avrebbe già un significato enorme sul fronte ambientale, se pensiamo che un Euro 2 inquina 28 volte un Euro 6.